Le terrazze della luna
Poesie 2005-2011
- Prezzo:
15,00 €
- Collana: Narrativa
- Catalogo: Poesia
- ISBN: Versione cartacea: 978-88-6155-489-4
- Pagine: 114
- Anno: 2012 (versione cartacea)
Descrizione
In questa città
che mi guarda
con i suoi occhi
di portici,
in questa città
che mi racchiude
nel suo scrigno
di storia e d’amore,
non voglio imparare
l’alfabeto della solitudine.
(Bologna- Blues)
La grande casa di Arzignano, nella Valle del Chiampo, tra Verona e Vicenza.
Mina bambina e noi coetanei invitati a salire ogni tanto “dagli Zavadini”. Il profumo di cera, gli alti soffitti con i festoni dai colori ambrati, i mobili severi.
Stavamo in silenzio a bare acqua e menta, sempre nei pomeriggi d’estate. Una casa d’angolo, la sua , maestosa, con grandi finestre davanti a un palazzo Liberti costruito dai Bonazzi, i padroni delle filande.
Era finita la guerra. C’era chi tornava dopo le paure per l’occupazione tedesca. Non tornò più la famiglia Robertino, con un cognome che era il nome di una città.
Una mattina, con gli occhi di malinconia, le maestre disserro a noi delle Quinte Elementari che Robertino era morto in Germania con tutta la famiglia in un posto di faggi chiamato Buchenwald. Le Quinte erano tre, due maschili e una femminile. Durante la ricreazione, molte bambine piangevano in quella mattina di ottobre. Mina frequentò poi la Scuola Media dalle Suore Canossiane. E noi ci disperdemmo tra i Convitti, le Scuole di Avviamento e gli Istituti di Vicenza.
Nella grande casa d’angolo dalle stanze in penombra era finita la menta dell’estate.
E c’era chi partiva. Gli Zavadini andarono a Bologna. Oh, Mina, perché?
Eppure, per qualche anno, fece ritorno in estate, dalle sorelline Dal Maso, mie prime cugine. “Zé ‘rivà Mina”, è arrivata Mina, correva a dire Balòta (Filippo Lorenzi) nei giochi agli slarghi delle strade. Mina festosa, sempre sorridente. Mina della poesia.
Ci veniva incontro con un passo nuovo, “da città”; vestiva di chiaro e scioglieva i capelli come non avevamo mai visto. Le nostre amiche avevano le trecce con i nastri bianchi. Mina aveva sandali leggeri e si sforzava di ricordare il dialetto dei giochi, nelle conte trasognate: “Toca a ti, toca a mi, toca a élo, toca a éla, toca a ti, toca a mi, toca al can. An!”
Così, per il tempo giusto dell’innamorarsi a ogni estate. E ora un altro “ritorno” con pensieri profumati, dolci sorrisi, trattenute nostalgie.
“Zé rivà Mina”. Mina della poesia.
Preludio di Bepi De Marzi
Autore del libro
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